Ha ragione Dario Nardella quando ricorda che venticinque milioni di elettori non hanno votato alle elezioni europee, venticinque milioni di elettori che aspettano di essere rappresentati.

Ha fatto bene a ricordarlo, perché candidarsi a dare rappresentanza a questi elettori non esercitanti deve essere il primo pensiero delle forze politiche che vogliono costruire l’alternativa al governo alla destra di Meloni e Salvini.

Senza quel consenso, o senza una sua significativa parte, si riducono fortemente le possibilità di dare al Paese un governo progressista e riformista nel 2027.

Non ci troviamo di fronte ad una astensione endemica: negli ultimi trent’anni seri progetti di governo della cosa pubblica hanno generato speranze e mobilitato gli elettori. Penso all’Ulivo, ma anche al Partito Democratico dei dodici milioni di voti di Veltroni.

Progetti che sapevano parlare contemporaneamente a fasce sociali diverse, generando speranza attraverso la capacità di delineare proposte concrete, negli obiettivi perseguiti come nelle modalità per raggiungerli.

Legittimo salvaguardare i propri elettorati, ma anche con la sola – semmai possibile – somma algebrica degli stessi i partiti riformisti e i progressisti oggi in campo non riuscirebbero a prevalere nelle urne.

C’è da guardare oltre. Ed il tempo è ora.