La Toscana dice no allo “Spacca Italia”, la legge approvata dal Parlamento per l’attuazione dell’autonomia differenziata. Lo dice non soltanto con le migliaia di cittadini che stanno sottoscrivendo la richiesta di referendum popolare, ma approvando – in accordo con le altre quattro regioni governate dal centrosinistra – due distinti quesiti referendari per l’abrogazione totale o parziale della legge 86 del 26 giugno scorso.

Quesiti che abbiamo deliberato il 16 luglio, e che hanno la loro motivazione nelle pericolose lacune e nelle deliberate scelte che questa legge contiene. Legge che, se attuata, aumenterà il divario fra le regioni ricche del nord e quelle del sud. E rischierà di creare un guazzabuglio di regole differenti da regione a regione che spaventeranno gli investitori esteri, relegando ai margini della comunità internazionale sviluppata il nostro Paese. Cosa che, peraltro, due anni di Governo Meloni hanno già abbondantemente fatto!

Sono evidenti i punti deboli di questa legge: le troppe materie per cui può essere concessa l’autonomia, in dispregio dello spirito originario dell’articolo 116 della Costituzione, teso invece a valorizzare specifiche peculiarità territoriali (per la Toscana, ad esempio, beni culturali e geotermia). La mancanza di una obbligatoria, preventiva definizione dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire a tutti i cittadini, livelli da modellare verso l’alto e non da considerare come ‘minimi’. La mancanza di certezze sul fondo di perequazione, strumento necessario per compensare i divari di gettito oggi registrati e registrabili fra regione e regione.

A voler essere benevoli, l’autonomia differenziata disegnata da Calderoli e approvata in uno scandaloso scambio politico- istituzionale col premierato anomalo della Meloni, potrebbe esistere solo se tutte e venti le regioni italiane partissero dallo stesso livello di qualità e dalla stessa quantità di servizi erogati ai cittadini. Ma non è così. E lo sa anche questa destra.

Questa autonomia è pericolosa, e, dunque, va contrastata. A difesa dell’unità nazionale. E della legittima aspirazione dei cittadini a sentirsi, davvero, tutti italiani (QUI il quesito per l’abrogazione parziale della legge. QUI, invece, quello per l’abrogazione integrale).