Il Governo Meloni sta fallendo. Ad un anno dalle elezioni politiche che hanno premiato la destra, i risultati negativi di questa esperienza sono sotto gli occhi di tutti.

I ritardi nel PNRR, con la perdita di risorse che mettono in gravissime difficoltà gli enti locali (di ogni colore). L’esplosione del fenomeno dell’immigrazione irregolare, con risposte inadeguate, illegittime, inutili. L’abolizione del contributo per gli affitti, che sta generando un’emergenza casa senza precedenti. Le scarse misure contro il caro vita, che danneggia i ceti meno abbienti. Il mancato, necessario adeguamento del fondo sanitario nazionale, con gravi rischi per la tenuta della sanità pubblica. Un elenco, questo, che si potrebbe continuare. Purtroppo.

Questo Governo aveva fatto mille promesse. Proposto soluzioni (non condivisibili) a problemi strutturali (vedi flussi migratori). Non è riuscito a mantenerle. Non le potrà mantenere, anche in ragione di una litigiosità interna alla coalizione che lo sostiene, capace di unirsi nel momento elettorale ma subito pronta, un minuto dopo, a picconarsi al suo interno.

A fronte di questo fallimento, l’opposizione – il PD, soprattutto – deve farsi trovare pronto con una concreta agenda di governo.

Che si occupi di sostegno all’economia, partendo dalle imprese, in difficoltà con i costi della transizione ecologica. Di riorganizzazione del sistema della formazione, per adeguare domanda e offerta di lavoro. Di investimenti in innovazione, per far crescere la produttività, e conseguentemente ad essa i salari. Che governi il tema dell’immigrazione, attraverso realistici meccanismi di flussi, coniugando la necessaria accoglienza – funzionale anche alla sicurezza – con il rispetto di norme sul diritto di permanenza condivise a livello comunitario. Che migliori la capacità regolatoria e di controllo dello Stato sul necessario contributo dei privati alla fornitura di servizi pubblici, consentendo realmente al mercato di offrire un’opportunità per i bisogni dei cittadini, tutelando i più deboli nel loro diritto a prestazioni accessibili e di qualità.

Occorre, insomma, organizzare un’agenda di governo riformista. Termine, questo, che sembra essere invece diventato una brutta parola, che in troppi evitano. Un’agenda che rappresenta la sola, unica capace di creare il consenso elettorale necessario a fare, dell’alternativa a questa destra, una reale esperienza di governo. È la storia – coi risultati elettorali – di questi trent’anni a dimostrarcelo …