La piazza di sabato a Roma è la dimostrazione, plastica, della necessità di fare, finalmente, l’Europa.
Un soggetto politico capace di tutelare i suoi oltre settecento milioni di cittadini, di fronte ad uno scenario globale profondamente mutato negli ultimi due decenni, dove i valori fondanti del vecchio Continente – libertà, democrazia, uguaglianza, pace – sono messi costantemente a dura prova. Se non, addirittura, in discussione.
La piazza di Roma non può, però, essere scollegata dalla necessità di costruire, finalmente, anche una politica comune di difesa. Che passa anche, dobbiamo dircelo, da un rafforzamento delle capacità militari difensive dei paesi membri.
Sulla questione del “Rearm Europe Plan” sarebbe, perciò, un errore storico che il PD si dividesse: i diversi approcci finora emersi, figli di quel pluralismo di idee che solo i Democratici possono vantare come valore fondante e inderogabile della loro stessa esistenza, devono trovare sintesi. La possono fare, ci sono le condizioni oggettive. Già nei primi anni novanta era aperta, a sinistra, la riflessione su un esercito comune europeo. Nella cultura cattolico-democratica, l’obiettivo era già stato tracciato da De Gasperi nell’immediato dopoguerra.
Approfondendo la riflessione, come si vede, il terrendo per una condivisione c’è. Mettiamoci anche la volontà.