Ci stiamo affacciando all’estate con un certo ottimismo. La campagna vaccinale procede, i contagi stanno calando, l’Italia è zona gialla, e alcune regioni sono già entrate nell’agognato “bianco”. C’è un contesto favorevole perché quella ripartenza della nostra economia, che tanto conta sulle risorse del “Recovery Fund”, prenda la velocità che tutti vogliamo. I dati di crescita del PIL degli ultimi mesi sono confortanti, rispetto allo scenario drammatico dello scorso anno. È il momento delle scelte. Di quelle giuste. La riforme, innanzi tutto. Sempre annunciate, poco realizzate. Forse questa volta il rischio di perdere i miliardi dell’Europa ci renderà capaci di attuarle. Semplificazione amministrativa e velocizzazione della giustizia sono capisaldi irrinunciabili per la realizzazione dei grandi investimenti infrastrutturali. Ma abbiamo la necessità di ripensare presto la qualificazione del nostro capitale umano, garantendo alla scuola competenze, strutture, risorse adeguate.

La grande sfida è ricreare lavoro. Qualificato e sicuro. Che genera reddito. E allenta il bisogno di uno Stato assistenzialista. Le riforme sono essenziali per creare migliori condizioni di contesto alle imprese. Ma è importante intervenire anche per i lavoratori, di oggi e di domani. Le imprese, quelle tante serie che sono l’ossatura della capacità produttiva di questo Paese, sanno di aver bisogno di lavoratori qualificati, per vincere la sfida dell’innovazione. E sono disposte ad investire in questo. E sulle condizioni di sicurezza, perché il lavoratore è “capitale”. Le istituzioni hanno il dovere di sostenerle in questa vocazione, con regole certe e non contraddittorie, con sistemi di controllo coadiuvanti e non ostativi.

Quel di cui abbiamo bisogno, insomma, è un patto fra attori dell’economia: Stato, impresa, lavoratori, scuola. Solo da qui riparte l’Italia. Verso un futuro di crescita sostenibile.

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Quello del rischio di infiltrazioni criminali nel tessuto economico toscano è un tema conosciuto, e già giustamente indagato. I disastri della Pandemia costituiscono terreno fertile perché il capitale malavitoso si impossessi di asset anche strategici delle filiere produttive nella nostra regione. Andando oltre i tradizionali segmenti di penetrazione (edilizia, trasporto rifiuti, commercio e pubblici esercizi).

La questione è tornata alla ribalta mediatica per via dell’inchiesta sullo smaltimento dei rifiuti delle concerie nel distretto del cuoio. Ma il tema va indagato a tutto tondo.

Il Partito Democratico mi ha scelto come sua rappresentante nella Commissione regionale di Inchiesta attivata per indagare sulla criminalità organizzata nell’economia toscana.

I prossimi tre mesi, periodo di durata della commissione, saranno densi di incontri, audizioni, testimonianze. Non siamo un organo della magistratura. Ma abbiamo il dovere di capire se, per scongiurare il rischio di una estensione della presenza criminale nella nostra economia, possiamo assumere iniziative nella nostra competenza, magari migliorando procedure amministrative o adottando provvedimenti legislativi utili a questo scopo.